Era stato in questo periodo, non sapevo prima cosa fosse, Natale. L’aereo mi portava nel nuovo paese, e accanto a me c’erano un uomo e una donna che sarebbero stati i miei genitori. Ma non parlavo con loro. Stavo muto a guardare il cielo, le nuvole sotto di noi, il Cile che si allontanava, e mi sentivo male. Pensavo che a quell’ora sarei sgusciato dalla mia casa verso il bosco, e che quel posto mi avrebbe protetto per sempre, come aveva fatto dopo che avevano ucciso mia madre, davanti a me, e avevo solo sette anni. Ed invece, era meglio partire e andare in un altro paese, avere una famiglia. Erano lì, mi sorridevano sempre, e si tenevano la mano. Mia madre era una donna semplice, con le labbra rosa, questa aveva del rossetto e gli occhi attenti. Chissà perché quel giorno non hanno ucciso anche me. E mentre lo pensavo mi slacciavo la cintura di sicurezza, tanto per vedere. L’uomo mi disse, no, è pericoloso, riallacciala. Ma non ci riuscivo, allora cercò di aiutarmi, e lo graffiai. Mi disse che potevo farlo da solo, ne sarei stato sicuramente capace, ma dovevo assolutamente riagganciare quella cintura, stavamo per atterrare. La città era grande, sporca, piena di macchine, niente a che vedere con il mio paese. Ma forse era meglio. Faceva freddo, pioveva, attraversammo un parco e allora mi calmai. Potevo fuggire, nascondermi nel parco, se ne avessi avuto voglia. Il taxi ci lasciò davanti ad una coorte di palazzi con all’interno una specie di giardino pieno di alberi. L’ascensore era rotto. Mio padre si caricò di tutti i bagagli e siccome ero stanco, mia madre mi prese in braccio. Era alta, morbida e mi diede un bacio. Le strappai un orecchino con rabbia e lo vidi rotolare per le scale. Lei non si fermò, continuò a salire stringendomi. Finalmente spalancarono la porta di casa, con un sospiro, e accesero le luci. Mi sembrò, con dolore e meraviglia, di essere di nuovo in Cile. Al centro della sala c’era un albero che arrivava fino al soffitto, carico di gioielli scintillanti, proprio come nel ventre del bosco, quando pioveva. Allora parlai, e chiesi: Cos’è? E mia madre sussurrò: E’ il Natale.
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Natale – di Sara Milla
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